Il taxista

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Ho viaggiato molto per il BDSM e per i lavori che ho fatto. E quando lo faccio, spesso mi ritrovo ad usare i mezzi.

Questa storia parte da Novara ed arriva a Torino, dove spesso mi sono dovuto recare per dominio e non solo.
Arrivo a Porta Susa, scendo dal treno e avendo attivato la geolocalizzazione su facebook, vengo contattato da una mia cara amica. Io dovevo recarmi dall’altra parte di Torino e la cosa mi faceva alquanto stressare.
Così decisi, dopo svariate prove da parte sua, di accettare la sua proposta e farmi accompagnare da lei. Ovviamente dopo un caffè!

Uscii dalla zona binari, mi diressi verso l’uscita e mi infilai nel bar della stazione. Faceva freschino quel giorno, avevo il mio maglioncino grigio, il mio zainetto e tanta voglia di perdermi in pensieri al di fuori del BDSM in quanto mi aspettava una giornata di fuoco e fiamme.

Misi le cuffie, ordinai un caffè e mi accomodai al tavolino, telefono alla mano alla ricerca di post su facebook e musica a palla.

Nell’attesa, controllavo nella folla chi poteva esser gradevole anche solo di un saluto e perchè no, anche se potevo invitare qualcuno a sedersi con me e farmi compagnia. Ma si sa, i torinesi o la gente che frequenta la stazione, non sono poi tanto consoni a parlare e conoscere persone nuove, soprattutto in una stazione con millemila persone.

Mi si avvicinò un uomo, sulla cinquantina, mi toccò la spalla e mi disse: “Ciao! Scusa se ti disturbo, ma ho visto che sei qui da un po’, hai mica bisogno di un passaggio?”
Io tirai via la cuffia sinistra e risposi un “sto aspettando un’amica, e sai come sono queste cose no?”
Lui sorrise, annuì, mi salutò. Prese un caffè, afferrò il giornale del giorno e si mise 2 tavolini di fronte a me, proprio rivolto verso di me. Un po’ imbarazzato da tale situazione, decisi di mettermi a giocare al telefono ed estraniarmi in maniera completa. Ma i suoi occhi diventavano sempre più interessati ed il suo sguardo era praticamente rivolto a me. Il giornale era un deterrente.

Nel mentre chiama l’amica, le dico dove sono e mi raggiunge. Si siede proprio davanti a me, oscurando completamente da quell’uomo, a volte irritante.
Oltre ai soliti convenevoli del “che fine hai fatto” “che bello, dopo tanto tempo”, mi bacia sulla guancia e mi fa la fatidica frase: “ma quelle cose le fai ancora?”
Io a voce bassa, evitando di farmi sentire, risposi si e le raccontai l’ultima esperienza, mentre quell’uomo osservava con molta frequenza il mio labiale.

Dopo una mezz’ora, lui si alza ed esce dal bar e si mette fuori dal locale, dietro di noi rivolto verso di lei a fumarsi la sua sigaretta. Ed osservava. Io spiegai a lei chi fosse e lei molto incuriosita mi disse: “E se lo dominassimo insieme se gli interessasse?”. Io esterrefatto risposi: “NO!”.
Lei si alzo, prese le sue cose, mi fece gesto di aspettare ed uscì. Andò da lui e dopo un’attenta conversazione, rientrò da sola. Si sedette davanti a me e disse: “ok, fatto. Tra 10 minuti ci accompagna dove volevi andare, poi mi riaccompagna qui”. Io con gli occhi sbarrati dissi: “Perchè? E poi la tua auto è qui! Dovevi accompagnarmi tu!”. Lei mi chiese cortesemente di fidarmi e ci alzammo.
Mi diressi con lei, fuori, nel furgone bianco, un Mercedes Vito. Appoggiai la borsa e ci sedemmo dietro.

Lui aveva uno specchietto retrovisore grosso, sembrava uno specchio da camera tanto era imponente! I vetri posteriori erano oscurati a tal punto da non riuscire neanche a guardare fuori.
Al primo semaforo, lei tirò via la giacca, poi la felpa, poi la maglietta ed infine il reggiseno.
“Prendi la frusta, quella più bella, e diamo spettacolo”. Lo sguardo di lui, attento e prudente alla strada, cadeva spesso sul corpo di lei. Bianco latte e piena di lentiggini, magra al punto giusto, capelli rossi naturali e occhi verdi.
Si avvicinò a me, al mio collo e mi chiese sussurrandomi di pagarci il viaggio facendo spettacolo.

La misi a pecorina, di fronte a me, con il suo viso che osservava dal finestrino posteriore sinistro.
Le tirai giù i pantaloni fino alle caviglie e vidi il suo completino rosso, con un ponpon dietro.
Lì, capii il perchè voleva vedermi e doveva trovare una scusa per avere le mie mani addosso.

Le sfiorai le chiappe ed il suo corpo cominciava a muoversi, e mi partì uno schiaffo lieve. Lei invogliava la mia perversione con gemiti e parole.
Presi la mia frusta nelle mani, passai le mie dita attraverso e cominciai il mio rituale con colpi molto lievi. La frusta a 9 code si apriva sul suo corpo, ad ogni colpo, come la coda di un pavone e lasciava segni che rimanevano qualche secondo.
Lo sguardo del taxista, spesso si perdeva nel gioco e la sua mano destra, avendo un furgone con il cambio automatico, giocava con il suo piacere strofinandolo sopra i pantaloni e lasciando andare ogni tanto un gemito di piacere.

Arrotolai la mia frusta e la colpii sulla sua chiappa destra, lasciandole quei sogni indelebili ed unici. Il suo corpo si muoveva a tempo con i colpi infranti ed i suoi gemiti sempre più forti.
E continuai a farlo fino a quando non la toccai, sul suo piacere e osservai il colare di quel momento.
Le sue cosce erano un piacere indescrivibile per la mia mente.

La girai, la misi a gambe all’aria mentre il taxista urlò: “mancano 10 minuti all’arrivo, ma se volete faccio un giro più lungo”. Lei esclamò: “Fermati, porco!”

Mi girai, tirai fuori dalla mia valigia il mio vibratore e 2 mollette per il bucato.
Accesi il giocattolo e cominciai a giocare con il suo piacere mentre lui si fermò nella prima piazzola di sosta sulla tangenziale di Torino.
Il giocattolino passava sul suo clitoride ormai bagnato dal quel gioco iniziato qualche minuto prima per poi infilarsi dolcemente dentro, facendola muovere tanto a tal punto da sentire il furgone muoversi.
Lui da davanti osservava ed aprì i pantaloni. Io lo obbligai a tenerlo dentro, non volevo vedere cosa sapeva fare con il suo oggetto. Non ci interessava.

Presi la prima molletta e dopo avergliela fatta leccare completamente con il suo sguardo rivolto a me, la chiusi sul labbro destro del suo piacere. Come si chiuse, fece un urlo di piacere e soddisfazione misto a dolore. Feci la stessa cosa con l’altra e la osservai mentre quel piacere stava diventando sempre più forte.

Squillò il telefono, la cliente chiamava ed io dovevo dirigermi il prima possibile da lei.

Tirai fuori il vibratore, ed infilai le mie mani, sul suo punto di estremo piacere e massaggiandolo, facevo attenzione a farlo nel migliore dei modi dato il poco tempo. La mia mano sinistra massaggiava piano piano i suoi capezzoli.
Lei stremata da quel gioco ormai intenso, si alzo, mi guardò negli occhi, mi baciò e si rivolse a lui dicendo: “hai 5 minuti da ora per toccarti e venire!”
Lui rispose con “Sì padrona!” ed infilò la sua mano sul suo piacere e senza far vedere quello che contenevano, continuò a toccarsi. Lei prese in mano il suo telefono e mise il timer. 5 minuti esatti.

E riprese a baciarmi. La sua mano scese verso le mie mutande, ed entrò trovando il mio piacere. Cominciò a toccarmi ed io, guardandola dall’alto verso il basso, non potevo far altro che lasciarglielo fare. Dovevamo concludere il gioco in un modo o nell’altro.

Ma si sa, non sono il ragazzo così facile da conquistare, tolsi la sua mano dai miei pantaloni, la ributtai sul sedile e cominciai a leccarle il piacere… E colò sul sedile mentre lui si perse nella sua venuta sulle sue dita da porco.

Lei si alzò, prese il telefono, stoppò il timer e si avvicinò all’orecchio di lui dicendo: “Sei anche veloce oltre che porco… 3 minuti. Ora capisco perchè preferisci guardare che fare.”
Lui osservò me con faccia felice e disse: “GRAZIE PADRONI”

Ci rivestimmo e mi portò a destinazione. Salutai lei e nel momento di pagare la corsa, lui rispose: “NULLA E’ DOVUTO, GIA’ TUTTO PAGATO. GRAZIE PADRONE”.

Ed io continuai la mia giornata. Felice.

Lei? Beh, ha scoperto questa vena mistress, e lui è il suo attuale schiavo.
Aaaah mia cara Giusy, quante belle cose abbiamo passato assieme. Chissà se ci rivedremo mai… tu come sub però 😛