La scappatella

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Devo ammettere che nella mia piccola esperienza, se così si può considerare, ho sempre affrontato la vita con un pizzico di brio. E quanto intendo le bollicine, non intendo lo champagne, ma a volte mi sono messo molto male.

Questa storia risale all’incirca al 2015, quando una ragazza, in crisi con il fidanzato, mi contattò per avere “attenzioni”, quello che ormai il suo compagno, operatore metalmeccanico con orari sempre più tosti, non le dava più.
Parliamo di lei, una ragazza sui 25 anni, alta e in carne, rossa di capelli (tinti) e occhi scuri, classica donna del nord tutta “Casa e Chiesa” ma che ama l’uomo del Sud per il suo fuoco dentro.

Ricordo che il primo vero approccio è stato via social, su sito ormai noto nei miei racconti.
Guardò la mia foto profilo, vide che ero alla ricerca di qualcosa di diverso e mi contattò per vederci.

Il nostro primo incontro era in un bar molto fuori mano, in un quartiere non bellissimo della mia città, Novara, e mi raccontava quasi in lacrime di questo rapporto sessualmente fallimentare, denso di preghiere nei confronti di lui che, stanco e devastato dagli orari di lavoro per racimolare qualcosa per il futuro, rifiutava di continuo ogni avance chiedendo a lei di aspettare. Ma lei era esausta.

Così, dopo un caffè e un cappuccino, mi prese la mano e mi disse: “Hai mezz’ora da dedicarmi?”, io spiazzatissimo risposi di sì, ma sapevo benissimo non ce l’avremo mai fatta.
“Stai tranquillo, il mio fidanzato dovrebbe tornare intorno alle 4, quindi abbiamo tempo anche di farci una doccia”. Ero felice che per una volta, qualcuno capisse che le sveltine non erano il mio forte.

Mi portò così a casa sua, rigorosamente a piedi, non era molto distante.
Una volta saliti, aprì la porta ed il suo cane cominciò ad abbaiare in maniera aggressiva, come se appunto fossi un estraneo. “Non preoccuparti, non viene mai nessuno qui, quindi quando c’è qualcuno di nuovo lo osserva e non lo molla più”. “Tranquilla, ho anche io degli animali a casa, non mi spaventa la cosa”.

Dalla porta d’entrata alla camera da letto in un battibaleno, dove appena entrato mi da una spinta e mi butta sul letto mettendosi sopra di me cercando di aprirmi la camicia. Io ero in ansia, quel cane non mi mollava neppure per un secondo. Avevo lei su di me ed il cane che cercava di annusarmi ovunque.
“Perdonami, non possiamo metterlo fuori?” chiesi io, “No perchè sennò abbaia e fa casino e ovviamente mia mamma che vive qui sopra potrebbe venire giù a chiedermi che succede”. Accidenti, anche la mamma ci mancava. E vabbè, si continua mentre quel maledetto cane osservava ed annusava.

Le tirai via il vestito e provò a baciarmi, io mi scostai, mi sentivo a disagio, tantissimo.
“Perchè non vuoi baciarmi?”, io feci finta di non sentire la domanda e cominciai a baciarle il collo per arrivare al seno, a mio avviso abbastanza grande da poterci immaginare, se solo mi piacessero così abbondanti.
I suoi capezzoli passavano sotto la mia lingua umida e lei si strusciava sui miei pantaloni, inumidendoli attraverso le sue mutande bagnate di piacere. Le mie dita nel frattempo accarezzavano la sua pelle morbida della schiena per poi andare a stringere le sue bellissime chiappe, abbondanti ma molto piacevoli.

Mi buttò giù, a pancia in su, cominciò a baciarmi il collo e scese, slacciandomi i pantaloni e tirando giù la cerniera osservando il mio corpo come se fosse una cosa mai vista prima, per poi tirarmi giù le mutande e perdersi in un gioco di bocca lento, sensuale e molto umido. Insomma, non sto neanche a dire che ero già pronto, anche se quel cane, mannaggia a lui, mi osservava facendo capolino a destra e sinistra con la testa, cercando di carpire i movimenti di lei e i miei ansimi, lo ammetto, a volte forzati.

Si allunga verso il comodino, apre il cassetto e tira fuori sei preservativi. “Uno non basta?” chiesi.
“No, io di solito ne uso un po’ perchè mi piace nel frattempo fare altro, usare la bocca, le mani”, rispose lei.
Io feci una smorfia e risposi “Ok, se lo dici tu”.

Riprese il mio giochino tra le labbra mentre con le mani cercava di aprire il preservativo, mentre nella mia mente c’era l’ansia di una prestazione infinita e un cane che mi osservava, oltre alla mamma al piano di sopra che chissà che poteva pensare.

La fermai, le misi via il preservativo metà aperto, presi la cintura, le strinsi le mani e la girai a pancia in su, le tirai giù le mutandine ed era già un lago. Il profumo del suo fiore eccitato me lo ricordo ancora, molto molto eccitante. Non starò a parlare della forma della sua rosa, ma meritava. E come se meritava. Sembrava una ragazzina appena entrata nell’età del sesso. Neanche un labbro fuori posto. Perfetta. Direi Bagnata e perfetta.

La aprii con le dita e appoggiai la mia lingua sul suo clitoride ben nascosto, facendola scorrere come una pialla su e giù. Sul letto pareva un terremoto. “Erano mesi che il mio fidanzato non me la leccava, ma accidenti quanto sei…” e si perse in un orgasmo, che mi sentii d’obbligo bloccare con una mano sulla bocca in quanto stava per urlare. Lei spalancò gli occhi e in quel momento chiuse le gambe d’istinto. Io mi bloccai, levai la bocca e mani e alzandole verso l’alto, preoccupato esclamai: “Che succede?”.

Lei mi guardò con il fiato corto e di getto mi rispose: “Nulla, ero troppo eccitata, stavo per urlare nel momento in cui mi hai messo la mano sulla bocca.”, nella mia testa c’era un pensiero tipo “Pensa se ti avessi anche schiaffeggiato!”.

Ripresi il mio gioco, non solo più con la bocca ma anche con le mani, alla ricerca del suo punto G, mentre sentivo che il suo piacere era molto più largo delle mie dita. Feci finta di niente e continuai senza sosta a infilarci dita, vedendo lei sempre più eccitata. Prima una, poi 2, poi 3, poi 4 e infine mi fermai e le chiesi se le piaceva… Lei mi guardò appena subito dopo un orgasmo e mi rispose: “Il mio fidanzato ha un cosino da 14cm ma è molto largo. Non riesco mai neppure a prenderlo in bocca quanto è grosso!”. Nella mia testa c’era la classica “prestazione da spogliatoio”, e non era per nulla divertente, ma ebbi un idea. Perchè non sfinirla?

Così, le chiesi di mettersi sulla sedia, vidi che sulle tende c’era quella corda che serve per tenerle vicine e la presi. Le misi le mani dietro e le legai con una corda, e con l’altra le legai le gambe.
Mi armai di pazienza e cominciai a leccarle il suo piacere mentre le mie mani scorrevano sul suo corpo.
I suoi orgasmi erano sempre più intensi e ad ogni principio di venuta io le facevo cenno di fare silenzio, così la sentivo strozzare ogni orgasmo, riempiendo sempre di più di suo piacere la sedia.

Dopo circa mezz’ora di sesso orale, ormai la sua saliva era inesistente, la slegai e la buttai sul letto. Aveva le occhiaie ed era quasi senza forze.

Tirai fuori il preservativo, cercai di farlo tornare duro e la presi prima a pecora e poi a missionario.
Lei mi guardò con uno sguardo perso e mi disse: “Io sono cotta, sfatta. Prendimi e fai di me quel che vuoi!”. Credo che quella frase io l’abbia interpretata al contrario, perchè ormai era una sfida con me stesso.

Sarò durato ancora un paio d’ore all’incirca. Io finii dentro di lei, ormai senza forze. Sfilai il preservativo, corsi in bagno, mi sciacquai, con quel cane dietro a farmi da ombra e tornai in camera, con lei che tirò su le coperte e si appisolò. Guardai l’orologio ed erano circa le 14. Presto, mi sono detto tra me e me. Anche se avevo fame, decisi di mettermi sul letto a giocare un po’ al telefono.

Erano circa le 15, sentii aprire la porta di casa, scossi lei per svegliarla e mi fece cenno di mettermi sotto al letto. Tra una valigia e l’altra era impossibile trovarmi.
Era lui, rientrato prima da lavoro in quanto aveva una visita importante al ginocchio e lei non si ricordava.
Lui la baciò, e le chiese se andasse tutto bene, quando vide che il comodino era semi aperto, dove poco prima lei aveva richiuso i preservativi. Lui insospettivo alzò la voce chiedendo se ci fosse qualcosa che non andasse, lei era cotta, devastata.

Dopo svariate “No, non succede nulla”, lui si svestì e andò in bagno, guardandosi intorno, mentre quel cane puntava sotto il letto di tanto in tanto, maledetto.

Io di corsa, uscii da sotto il letto, presi le mie cose ormai piene di polvere e mi diressi dritto dritto alla porta correndo, facendo abbaiare il cane e attirando l’attenzione di lui che fece in tempo ad uscire dal bagno e vedere me uscire dalla porta di casa.
Nudo come mamma l’ha fatto cerca di raggiungermi mentre io scendo a tutta velocità per le scale cercando di coprirmi il volto.

Scendendo per strada sentivo lui urlare verso di lei parole ingiuriose. Ma ehi, la mia pelle al momento era più importante…

Peccato che la lezione non la imparai. Lei mi volle vedere ancora. Ma fuori da casa sua.
Chissà che fine ha fatto?!