La vetrina

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Tra tutte le esperienze che ho avuto, conosco una ragazza che era la mia responsabile di un negozio di abbigliamento del milanese.
Un negozio discreto, di tutto rispetto. Un locale ampio, su una strada trafficata anche da persone a piedi e con sei vetrine, delle quali quattro ampie, con manichini uomo/donna e svariate borse e bigiotteria.
Dove ci siamo conosciuti devo ammetterlo, non lo ricordo, ma l’evento che andrò a raccontare risale nel periodo di Natale 2015.

Ci sentivamo tutti i giorni e lei era veramente intenzionata a diventare la mia UNICA slave nonostante sapesse non potessi averne una stabile. Sarebbe stato un disastro.

Dopo svariate chiamate e appuntamenti dove solo l’idea di poterla possedere mi eccitava a tal punto da chiederle qualsiasi cosa, una sera davanti ad una pizza, si alzò in piedi, si mise di fianco a me, si inginocchiò, mi baciò la mano destra e disse: “Dominami, farò tutto quello che vuoi”.

Le feci segno di alzarsi velocemente e rimettersi a posto, quasi imbarazzato dagli sguardi degli altri commensali. Si mise al suo posto e finì la pizza in silenzio non degnandomi neppure di uno sguardo.

Passammo la notte assieme e le negai il piacere, per tutta la notte, per ore. Impazziva ad ogni colpo sul suo sedere sodo e ad ogni colpo sessuale, che sembrava più un sesso spinto che un piacere di dominio.

Quella notte finì con il mio orgasmo e il suo non-venire. Al mattino mi svegliai, a casa sua. Aprendo gli occhi la trovai in ginocchio sul tappeto scendiletto guardarmi fisso negli occhi esclamando: “Buongiorno Padrone, la colazione è pronta, attendo ordini” e dopo una carezza al mio petto, andò verso la cucina a gattoni. Mi vestii e la raggiunsi.

Come varcai la porta della cucina mi ritrovai lei, di nuovo in ginocchio, polsi rivolti a me ed esclamò: “Fammi tua, ti prego” con lo sguardo verso il basso.
Le toccai il mento e la guardai fissa negli occhi dicendo: “Vai in camera, apri la borsa e prendi la corda che più ti piace, a gattoni…”, In quel momento notai la coda uscire dal suo retro e aggiunsi: “…Scodinzolando!”.
Lei prese e andò in camera, facendomi ammirare il suo fondoschiena sodo e voglioso, mentre lasciava qui e là, gocce che scendevano dalle labbra formando un percorso.

Tornò trascinando la corda da 25m con la bocca e si mise ai miei piedi. Mi porse di nuovo i polsi e glieli legai mentre il suo sguardo era perennemente rivolto a terra.

La legai alla sedia, una di quelle alte da cucina, ginocchio, con i polsi stretti sul piolo più basso. Presi la ciotola piena di latte e cornflakes che aveva preparato per me e gliela misi davanti. “Lecca!”. Lei eseguì.

Erano circa le 8 e lei doveva lavorare da lì a poco, la portai in bagno, sotto la doccia, la insaponai e la lavai senza toccare i capelli.
La miei fuori, davanti allo specchio, la slegai, tirai fuori il telefono, tirai fuori il telefono e facendo partire il cronometro dissi: “Hai 3 minuti da ora per vestirti e sistemarti, se non ce la farai, ti risvestirai e ti farò una doccia GELATA”, lei in versione Willy il Coyote, corse in camera, prese il necessario in un silenzio affannoso mentre il tempo scandiva la sua velocità.

Allo scattare dei 2 minuti e 50 secondi, si fa trovare in ginocchio, testa bassa, con la borsa sul braccio destro, davanti alla porta d’uscita.
Le ordinai di alzarsi dandole una carezza sulla testa e prendendo la mia borsa, uscimmo.

Prima di entrare in auto, aprendo la mia borsa, tirai fuori un vibratore a telecomando e una maschera in stile veneziano. Le posi sulle gambe il vibratore e la maschera e lei dubbiosa mi guardava mentre mettevo il telecomando in tasca. “Guida!”

Andammo al negozio, lei scese di corsa, aprì il negozio e uscì a fumarsi una sigaretta. Io l’aspettavo fuori. Circa cinque minuti dopo ebbe il suo primo cliente e poi un’ordata di gente.
Io andai a farmi un giro e le mandai un messaggio su WhatsApp scrivendo: “Al primo momento libero, vai a mettere il vibratore e in pausa pranzo fai esattamente quel che ti dico, appena vanno via le tue colleghe.” Lei rispose con “Ok”.

Erano circa le 13, mi avvicinai alla vetrina del negozio, mi feci notare, lei era sola nel negozio che aspettava un mio ordine.

“Prendi dei vestiti belli da Manichino e indossali, mettiti la maschera e vieni in vetrina prendendo il posto di un manichino.”

Lei eseguì. La vidi entrare in vetrina, seduta su un cubo, lei molto eccitata, mi guardava attraverso il vetro. Ogni volta che passava qualcuno azionavo il vibratore obbligandola a fare il manichino e a non muoversi. Ad ogni mio gesto con l’indice in su, doveva perdersi nell’orgasmo mancato la notte prima.

E così andò avanti per almeno mezz’ora fino a quando imbarazzata, bagnò i pantaloni grigi che aveva scelto, così la obbligai a tornare a cambiarsi.

Uscì dal negozio, con il vibratore e la maschera, mi diede un bacio sulla guancia e me ne andai.

Che altro dire ancora?
“In vetrina sei ancora più bella”