Ti presento… (parte 1)

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Un messaggio su whatsapp, apriva le danze, come sempre.
“Ciao S., ti va di venire da noi stasera? Mio Marito sai che adora guardare noi che ci divertiamo”. Come potevo dire di no?

Finisco di lavorare e parto, direzione Galliate. Arrivo sotto, suono e mi aprono il portone neppure chiedendo chi fossi. Salgo.

Apro la porta sul balcone e non trovo nessuno in soggiorno/cucina. “Ciaoooo!” quasi urlo io entrando. “Siamo sopra in camera! Vieni!” mi urla lei.
Mi accingo a salire le scale e nel frattempo scende una ragazza, giovane, molto carina, vestita bene, salutando e uscendo di corsa dalla porta d’entrata. Osservo con attenzione e salgo.

Arrivo nel corridoio e arriva Carmela, donna di quasi 60 anni portati egregiamente bene che con il suo accento tipico della Basilicata mi invita ad andare nello studio dove il marito (Pietro) stava giocando alla Play, imprecando contro lo schermo.
“Trovato traffico?” “Non farmi domande stupide Carmela. Sai che a quest’ora è tutto libero.”

Indispettita e facendomi classico segno del “vabbè jà” muovendo la mano in aria, si avvicina a me e quasi appiccicandosi mi toglie il giubbino. Prima di appoggiarlo sul divano, come un segugio annusa la mia giacchetta dicendo: “Che buon profumo!”. Io le do uno sguardo, lei abbassa il suo e per un po’ guardiamo il marito giocare.

Noto che sul bracciolo del divano c’era il telecomando. Mi alzo in piedi, faccio passi e lo afferro, guardo negli occhio entrambi e spengo la TV… NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! COS’HAI FATTO???

Lanciando il telecomando addosso a Pietro, nel timore del momento: “Silenzio e filate in camera. Avete 30 secondi per farvi trovare NUDI e sul letto, altrimenti prendo le mie cose e me ne vado”.
Lui mi guarda, mette il controller sulla console e notato una certa durevolezza che cercava di mascherare, si accinge ad andare in camera, mentre Carmela, in ginocchio si avvicina ai miei piedi come faceva di solito nei nostri incontri e facendo finta di baciarli disse: “Scopami, ti prego! Fammi sentire la tua Troia. Ne ho bisogno!”.

Mi sporgo in avanti, le alzo la gonna e le do uno schiaffo sulla chiappa sinistra dicendole “Vai in camera e non fiatare. Mancano pochi secondi…”. Lei eseguì.

Presi la borsa e li raggiunsi. Lui sul letto evidentemente eccitato e lei ai piedi del letto, ancora in ginocchio che attendeva arrivassi. Buttai la borsa sul letto, la aprii e tirando fuori la corda da 5 metri, afferrai i polsi di lui e lo legai alla testiera del letto, a pecora, mentre la moglie osservava il culo del marito attraverso lo specchio e me mentre lo legavo.
Andai in cucina e presi del ghiaccio a cubetti nel freezer e avvolgendoli in un po’ di pellicola trasparente, li appoggiai sui gioielli di Pietro fissandoli con dello scotch per pacchi, marrone. Vedevo il suo piacere scendere sempre più mentre ansimava di dolore misto piacere di quell’addormentamento alle parti basse.

Mi avvicinai a lei, la presi per i capelli, la tirai su e la buttai sul letto e la obbligai a leccare il più stretto orifizio del suo uomo, mentre io preparavo con stile il mio gioco lanciando sul letto corde, collari, fruste e reggipacchi in plastica.

Presi proprio l’ultimo oggetto e la immobilizzai con i polsi alle caviglie di Pietro, a quattro zampe, mentre lui ansimava e accennava di tanto in tanto ad un piccolo durello. La sua lingua trafugava ogni singolo millimetro del pertugio del marito.

Presi la mia frusta, a 9 code, e comincia a colpirla e frustarla e di tanto in tanto la spingevo verso il marito facendole perdere per qualche secondo il respiro.

Presi due collari in pelle, uno su di lui e uno su di lei, tenuti insieme da una corda che legava entrambi passando sopra la schiena di lui a chiudere sul petto arrivando al collo. Legati, uniti, stretti. Come il loro patto d’amore siglato sull’altare.

Dopo svariati colpi di frusta, presi il lubruficante, mi unsi le dita fino al polso e cominciai a giocare con il piacere di lei, mentre di tanto in tanto la mia bocca mordeva il suo culetto sodo.

Prima un dito, poi due, poi tre, quattro e poi la mano. Lei si apriva al cospetto delle mie dita come mai prima d’ora e sentivo che questo gioco stava diventando oro colato per la sua mente. Le mie dita si bagnavano di continuo, di suoi orgasmi e di saliva che di tanto in tanto lasciavo scivolare dai morsi.

Lui godeva, urlava, chiedeva petà e chiedeva di godere mentre scopavo la sua dolce metà. Ma ehy, non era ancora mica ora!

Presi il coltellino svizzero e tagliai le reggie sui polsi di Carmela, e mettendomi sopra lui, mi slacciai i pantaloni e prendendola per i capelli la spostai dall’orifizio del marito e le ordinai “Succhia!”. Lei aprì la bocca ed io lo infilai, tutto, fino all’ultimo centimetro. Lo feci scivolare fuori, le sputai in faccia e lo spinsi ancora dentro, e ancora e ancora.

Scesi, la slegai da lui, e allentando le corde di Pietro, gli levai il ghiaccio ormai diventato acqua e lo obbligai a mettersi già dal letto guardando attraverso lo specchio quel che stava per accadere.

Prendendo lei a pecora, sputai brutalmente sul mio piacere e la infilai, con tutta la voglia che avevo in corpo. E mi sentivo sudare, il mio corpo attraverso quello specchio era atletico, bello, unico. Sì, ho avuto modo di ammirarmi, da buon egocentrico.

Mi misi seduto sul letto con le gambe poggiate a terra e la feci salire sopra. Lei guardava Pietro e lui faceva lo stesso, con il suo giocattolino ormai diventato un obelisco.

Dopo svariate posizioni, obbligai lei a succhiare suo marito che nel frattempo era salito sul letto sempre con i polsi legati. Lei succhiava, io la scopavo, le tenevo il collo e le davo il ritmo. Lui godeva.

“Pietro hai 30 secondi per venire. Concentrati… 29-28…”, allo scoccare dei 15 esplose schizzando sul volto della sua mogliettina che a sua volta, dal piacere del marito, si lasciò andare in un orgasmo bagnando anche lei il letto. Soddisfatto, feci scivolare il mio oggetto fuori da lei e osservavo con attenzione il post-venuta della coppia. Lui sfatto, lei ancor di più.

Mi diressi verso il bagno, lei arrivò a 4 zampe, si sciacquò il viso e il seno nel bidet e si girò verso di me e appoggiando il suo indice destro sulla bocca come per indicare esclamò: “Ora ti voglio qui dentro”.
La presi, la appoggiai al muro e le penetrai la bocca sentendo il suo fiato affannoso, mentre con una mano mi tenevo al muro e con una mano le tenevo i capelli.

Il giochinò durò poco, lo tirai fuori, mi toccai e le esplosi in bocca con la sua lingua di fuori ad aspettarmi.

Mi ripresi, andai a slegare lui, pulizia in camera e via di sotto, s’era fatta una certa!

Si apre la porta d’entrata. Ma… era la ragazza di prima!

“Ah si, ti presento mia figlia, Elena… è una bella ragazza vero?”

(continua…)