L’età che avanza

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Tra tutte le esperienze che ho avuto, alcune di queste sono finite in maniera catastrofica o lasciandoci in brutte situazioni.

Questo racconto inizia con la speranza di scrivere una serata iniziata a dir poco, bene, per poi finire abbastanza male. Molto male.

Era una sera del 2016, ero con la mia ex fidanzata e mentre lei pensava ai fatti suoi sui vari social, io mi preoccupavo di cercare nuovi modi per racimolare qualcosa, usando qui e la social di incontro come L. o B. . Tra le scelte della zona mi uscì una signora di 42 anni, non tanto distante da me.

Si chiamava Sabrina, il nome non posso dimenticarlo. Divorziata, senza figli, sempre in giro per lavoro (Assicuratrice), super curata e dall’apparenza molto giovanile. Insomma, una bella donna, nulla da dire. Ma il dubbio ovviamente mi era venuto: Come mai una signora così piacente era in un social d’incontri?

Ci incontriamo la sera stessa, da lei, un appartamento della zona Sud della mia città. all’ultimo piano di un palazzo molto signorile. Le avevo raccontato qualcosa di me, difatti mi disse di portare qualcosa da “vedere”. Mi lasciò nome e cognome (che non mi sarei mai aspettato) e, una volta citofonato, mi rispose con una voce squillante, mi aprì e salì. Settimo piano, me lo ricordo ancora. Quei 7 piani li ho fatti con la tachicardia, un ascensore rumoroso, pieno di cigolii, fatto in legno di una volta. Probabilmente senza molta manutenzione.

Arrivato al piano, la porta si apre e mi trovo davanti il buio pesto. Faccio un passo fuori dall’ascensore e sento aprire la serratura della porta, in fondo al corridoio. Mi accingo ad arrivare alla porta quando lei mette una mano fuori e si accinge ad accendere la luce. Mano curata, io ero già euforico. La luce si accende ed io accelero il passo. Arrivo davanti e me la trovo in maglietta e pantaloncini, da casa, capelli biondi tirati su. Insomma, niente a che vedere con quelle foto. Un filo di trucco e molto molto trasandata. “Perdonami ma non ho avuto tempo di sistemarmi”

“Tranquilla” risposi, guardando con sdegno lei e la sua casa che sapeva di sigaretta fumata.
Nulla in contrario con i fumatori, ci mancherebbe, ma io non ce la faccio ad entrare in un appartamento che sa più di sigaretta che di cibo.

Ad ogni modo, cerca di darmi i 3 baci ed allungo la mano come per salutarla. Lei fa un ghigno e facendo un passo indietro: “Piacere Sabrina” porgendomi la mano.

Mi porta in cucina che tra un convenevole e l’altro cercava di portare la mia attenzione sul suo culetto sodo. L’unica cosa che poteva essere degna della mia attenzione.

Preso da tanta ignoranza, mi alzo in piedi, la prendo per i capelli tirati su e le dico: “Ok, sono qui. Ora portami in camera”, lei quasi cede sulle gambe e ingoiando la saliva mi fa cenno con la testa e andiamo in camera.

Apro la borsa e tiro fuori la prima corda che avevo a disposizione, lunghissima, direi eterna. Lei si sdraia sul letto e mi dice: “Uh, abbiamo un amante delle corde qui. Solo un uomo mi ha legato al letto”

“Ah sì?” risposi, “Molto bene, allora verrai legata…” (girando il mio sguardo per la camera) “alla sedia”. La presi per i capelli e la trascinai sulla sedia e la legai.

Le tolsi le mutande e tutto ciò che aveva addosso e la legai, a gambe aperte.

“Ehy ragazzo, e poi come ti pago?”, io non risposi, mi avvicinai al suo viso, lo presi tra le mani e le dissi: “Prima di uscire ne parliamo, puttanella”, allontanandomi tirandole uno schiaffo sulla sua guancia destra e continuando a legarla.

Mi misi in ginocchio di fronte a lei e leccandomi l’indice della mano destra, le cominciai a toccare il clitoride, guardandola fissa negli occhi.
Il suo corpo mi faceva capire che le piaceva. E cercavo di mandarla sempre più su con il suo piacere.

Se non che, qualche secondo prima di esplodere, tira indietro la testa, gira gli occhi verso il cielo e va in apnea. Io continuo a muovere quelle dita ma non avevo segni di vita. Come toccare un pezzo di marmo, duro. L’unico movimento era della sua sorellina che espelleva poco per volta il suo piacere lasciandomelo sulle dita. Dopo qualche secondo di Black-Out riprese vita, con affanno e stordita.

Nella mia testa è passato di tutto. Ho anche pensato di non essere buono a far quel gioco.
Così, testardo, ricominciai. E la scena era identica. Movimento, e lei che si spegne. E poi riprende vita.
Andiamo avanti per 3-4 volte così, il che i dubbi cominciano ad essere sempre più forti.

“Scusa Sabrina, ma che succede?”
“No nulla, tranquillo. E’ solo un po’ che non faccio nulla ed è normale che sia così. Non preoccuparti.”
“Da quanto non fai qualcosa?”
“3-4 mesi, avevo proprio bisogno di qualcosa del genere”.

Un po’ dubbioso la slego e sposto l’attenzione sulla conoscenza. Non mi sentivo a mio agio. Era una situazione troppo strana.

“Ma tu non ti sei neppure eccitato?
“Perdonami Sabrina, ma no. Non mi sento a mio agio”

Era brutto dirle che non era il massimo delle condizioni quel quadretto.
Mentre rimetto la corda nella valigia, vado in bagno e uscendo trovo la busta sul tavolo della cucina con dentro il mio compenso. Mi dirigo verso la porta, lei mi tocca la spalla e mi sussurra: “Ti chiedo scusa ma sto diventando vecchia, capisco se non vuoi più vedermi”

Esco, prendo l’ascensore ed arrivo in auto. Mi siedo e mi fermo a guardare il vuoto pensando a quel che è successo.

Mentre mi dirigo verso casa, ricevo un messaggio su Whatsapp: “Scusami per prima, ma non ti ho detto una cosa. Sono autistica. Grazie comunque per la bella serata. Davvero”

In quel preciso momento mi è caduto il mondo. Perchè non me l’ha detto prima?
Nulla in contrario alla malattia, ci mancherebbe. Da attivista sono contro le discriminazioni, ma i dubbi erano tanti.

Quanto c’era in quella busta? Credetemi, mai abbastanza per una serata del genere.

Questa rientra ufficialmente nella mia FLOP 3 delle peggiori esperienze della mia vita.