Nella vecchia fattoria (parte 2)

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Lui si mise di fianco alla moglie, seduto sulla balla di fieno, tenendosi con le mani dietro la schiena appoggiate al fieno.
La cognata cominciò a legarlo da in piedi , obbligandolo a porgerle i polsi, mentre io con la coda dell’occhio osservavo l’artefatto.
Dai polsi, lo portò a protrarsi in avanti, legandogli anche i piedi.

Lasciato in quella posizione, la cognata si avvicinò a me e mi portò un po’ distante dalla coppietta e a voce bassa mi chiese: “Mi eccita questa cosa, davvero tanto. Che ne dici se mi diverto un po’ con il mio segugio?”, io ero un po’ spaventato dalla domanda, difatti pensavo fosse una richiesta di dominio, e invece non avevo capito proprio nulla. “In che senso? Hai bisogno di corde? Fruste?”, “Ma che hai capito? Ho voglia.”.

Io spalancai gli occhi e continuavo a non capire. Le feci un cenno di approvazione e la lasciai andare verso di lui.
Io mi avvicinai alla moglie, appesa come un salame ma in attesa. e cominciai a toccarle le cosce, mentre guardavo la sorellina fare qualcosa di alquanto eccitante.

Una volta vicino, prese la testa di lui, la alzò e chiese: “Chi è il mio segugio?”, lui rispose: “Io padrona”.
Lei di abbassò la gonna fino alle scarpe e la tolse con una sola mano, la lanciò verso la sorella, si tirò via le mutande e le mise in bocca al suo cagnolino da compagnia e guardandolo fisso negli occhi gli sputò in pieno viso ed esclamò: “Ora è arrivato il momento di leccarmela e farmi vedere quanto sei bravo!”. Lui cambiò espressione, aspettò che la sua padrona tirò fuori le mutande dalla sua bocca e venne spinto con forza tra le gambe di lei, con una gamba sulla balla e l’altra a terra, per far entrare bene quella lingua piena di voglia e piacere.

La sua lingua girovagava mentre la cognata cercava il mio sguardo e le mie mani sulla mogliettina erano sempre molto vicine al suo culetto sodo.
Ci volle poco, molto poco prima che la sorella spinse ancora di più il cagnolino verso la sua vulva e urlando per qualche secondo: “Ancora, non smettere!”, si perse in una venuta epica, perdendo la forza nelle gambe e lasciando andare il cognato in posizione scomoda, staccandosi da lui, quasi soffocante e con un colpo di tosse prepotente da breath play.

Io osservavo, in silenzio. Lei tirò su la testa, mi guardò e disse: “Ok, ora possiamo cominciare!”
Io in totale autonomia, presi il paddle, guardai le due donne, e con un colpo secco, senza dire nulla, colpii la moglie, piena di voglia e con le gambe umide. Fece un giro su se stessa e guardandomi esclamò: “Tutto qui?”.

Feci gesto di girarsi, e cominciai a contare mentre la sorellina osservava insieme al cognato, la scena.
3…2…1… e colpii forte. Neanche il tempo di capire dove fosse che ripartii con il countdown 3…2…1… e un altro colpo.
Osservavo con attenzione la situazione e notavo che quei colpi non la scalfivano affatto, così ci riprovai. 3…2…1… e sentii i primi gemiti di dolore e il suo culetto diventare rosso.

Andai avanti ancora per un 5/6 volte, senza tregua, fino a quando lei si girò e mi fece cenno di stoppare.
Io lì mi fermai. La sorella si avvicinò a me e mi portò ancora distante e mi chiese se potesse ancora darci dentro con il suo cagnolino. Io feci cenno di si e che non c’era bisogno di chiedermelo ancora.

Lei si avvicinò a lui, lo slegò, lo svestì completamente lasciando le sue vergogne sotto i miei occhi e mettendolo a pancia in su sulla balla di fieno, si mise sulla sua faccia sfregando in maniera prepotente il suo piacere sulla faccia di lui; nel frattempo le mani di lui erano state in maniera poco carina sui fianchi di lei, mentre con la mano sinistra si teneva sulla gamba sinistra di lui e con la mano destra stringeva i gioielli di lui, obbligandolo a continuare a leccare. E stringeva sempre più forte, dando ritmo, obbligandolo a non smettere, come se non ci fosse altro piacere che quello.

E ancora, stringendo quei gioielli “Ancora, non smettere!” lei si perse nella sua venuta mentre lui piegò le gambe verso il petto dal dolore di quella stretta prepotente. Lei si alzò di poco, lo guardo fisso negli occhi, lo obbligo ad aprire la bocca e si sfregò ancora una volta lasciando cadere nella sua bocca, il premio di quella venuta.

Io nel frattempo, devo ammetterlo, ero molto eccitato della situazione. Presi la mia frusta più bella.
Guardai la moglie negli occhi e le ordinai di rimettersi in posizione che la scarica stava per arrivare, ancora…

E così, ammorbidii la frusta con il crack in silicone, la guardai e cominciai la conta. 3…2…1… e la colpii forte nello stesso punto di prima, in pieno culo. E continuai con la conta 3…2…1… e colpo, mentre la cognata si avvicinò a me in senso di approvazione e mi chiese di provarci anche lei.

Io la guardai, alzai il dito indice della mano destra e le dissi: “Qualcuno ti ha dato il permesso di chiedermi qualcosa sulla mia slave? Ci si rivolge così ad un Master?”
Lei abbassò lo sguardo, si mise in ginocchio di fronte a me e aprì la bocca tirando fuori la lingua. Io la guardai negli occhi e le ordinai di alzarsi. “Non voglio cagne nel mio gioco, torna dal tuo cagnolino, puttanella!”. Lei si alzò, mi guardò fisso negli occhi, si mise un dito in bocca e avvicinandosi al mio orecchio mi sussurrò: “Sono una cagna, ma vorrei essere la tua cagna, Master!”

(to be continued)